Traffico internazionale di stupefacenti: esigenze cautelari e misure

*Esigenze cautelari e associazione finalizzata al traffico internazionali di sostanze stupefacenti nell’ipotesi di omessa esecuzione dell’ordinanza genetica di applicazione della misura custodiale in carcere.*

L’omessa esecuzione della ordinanza genetica non preclude al Giudice di rivalutare le argomentazioni in punto di esigenze cautelari presentate con istanza dal difensore dell’imputato, atteso che lo strumento della revoca o sostituzione delle misure cautelari, in quanto diretto a consentire la valutazione della sussistenza “ex ante” e della persistenza “ex post” delle condizioni di applicabilità delle misure, non giustifica, in relazione alla sua funzione, alcun limite alla verifica dell’attualità delle stesse, anche con riferimento ai soli fatti preesistenti all’adozione della cautela, dei quali può essere effettuato nuovo e diverso apprezzamento. Ne deriva che, nel caso di istanza dell’interessato, è imposto al giudice il dovere di esaminare qualsiasi elemento e questione attinente alla legittimità del mantenimento della misura.

Ciò in quanto, trova applicazione il principio, fissato dal primo comma dell’art. 299 cod. proc. pen. in tema di misure cautelari personali, secondo il quale il giudice, anche d’ufficio, deve disporre la sostituzione o la revoca delle misure medesime quando risultino mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni della loro applicabilità ovvero le esigenze di cautela.

A stabilirlo un interessante ordinanza emessa pochi giorni fa da un Gup del Tribunale di Bari, nei confronti di un soggetto imputato per il reato di cui all’art 74, comma 1,2,3 e 4 D.P.R. 309/90 in qualità di “alter ego” del soggetto capo promotore nonché tesoriere dell’associazione armata dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Con tale provvedimento il Gup, valorizzando tutti gli elementi evidenziati dalla difesa in sede di istanza di sostituzione della misura cautelare, ha disposto la sostituzione della custodia in carcere (in concreto mai eseguita) con quella degli arresti domiciliari, ritenendo altresì superata la doppia presunzione di proporzionalità e adeguatezza della misura inframuraria vigente ex art. 275, co.3, c.p.p.  in relazione al reato associativo.

Avv. Pierluigi Gasparro

Penale
Total
0
Condivisioni
Lascia un commento
Related Posts